Si è spento l’incendio alla Mecoris, azienda di raccolta, stoccaggio e smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi e con esso sembra essersi spenta l’attenzione sul problema.
(di Anna Ammanniti)
Le fiamme e il fumo non ci sono più, ma restano depositate nell’aria le particelle di polvere ed altre sostanze che per giorni hanno sorvolato i cieli di Frosinone. Allo stesso modo restano sospese le domande che attendono risposte. L’incendio è divampato domenica scorsa ed è stato spento completamente giovedì, sono stati giorni di paura e preoccupazione. Le fiamme e il fumo nero hanno prodotto una densa nube che ha avvolto l’intera città e le zone limitrofe per diversi giorni, migliaia di cittadini sono stati ostaggi della paura e dell’esalazioni. Un impianto nel quale era ammassata una smisurata quantità di rifiuti, all’improvviso ha preso fuoco, sprigionando un’enorme nuvola nera e un incendio, domato definitivamente, solo dopo quattro giorni di lavoro ininterrotto dei vigili del fuoco. In questi giorni i livelli delle polveri sottili inquinanti sono stati superiori a quelli degli indici massimi di tolleranza e il sindaco Nicola Ottaviani ha disposto l’evacuazione delle case più vicine all’incendio e ordinato di chiudere porte e finestre, di non accendere condizionatori, di non mangiare frutta e verdura dell’orto e di non far pascolare gli animali, in tutta la zona Il Casale, fino al prossimo 9 luglio. Il primo dubbio che assale i cittadini è se ci sia stato un meticoloso controllo da parte degli enti preposti, affinché quei prodotti alimentari, di cui è stato vietato il consumo, siano stati distrutti e che non siano finiti sui banchi dei mercati. Stessa domanda per il bestiame al pascolo, è stato controllato? E poi sono state effettuate analisi sui campioni di frutta, verdura e foraggi? La gente ha paura e ha ragione, è noto a tutti che il fumo nero porta diossina, sostanza cancerogena prodotta dalla combustione di materiale plastico e non solo. Questo composto chimico entra nel corpo umano attraverso l’alimentazione, perché si deposita sui terreni e sulle piante, che vengono poi mangiate dall’uomo e dagli animali, immettendosi quindi nella catena alimentare. Le analisi dell’Arpa a tal proposito sono state abbastanza rassicuranti, valori nella norma e l’emergenza è rientrata dopo poche ore dall’incendio. Fortunatamente! Perché già ci troviamo in una delle aree più inquinate d’Italia! Oltre alla diossina, le analisi hanno individuato presenza di benzoapirene (idrocarburo cancerogeno) e PCB (sostanza che proveniene dal petrolio e dal catrame), quindi oltre a carta e plastica nell’impianto potevano esserci anche oli? I registri di deposito? Perché tanti dubbi sulla tipologia dei rifiuti trattati? Come venivano tracciati? Non avere risposte è inquietante per tutti.
Un’altra domanda che aleggia da giorni: tra le attività della ditta Mecoris c’era lo smaltimento di amianto, si teme che il rogo abbia sprigionato fibre di amianto nell’aria. Ma non solo, sembrerebbe che parte della tettoia dell’impianto fosse in amianto, materiale definito “killer subdolo” perché presenta il “conto” in materia di salute, anche a distanza di anni. Quindi c’era amianto nel capannone distrutto dalle fiamme? Altra domanda: per la Procura di Frosinone l’incendio sembrerebbe essere doloso. Solitamente il fuoco è il modo più semplice per occultare … cosa? Le telecamere diranno cosa è successo. Ma c’era un sistema di video sorveglianza? Inoltre perché la Mecoris che svolgeva senza ombra di dubbio un’attività “sensibile”, non era provvista di un sistema di spegnimento automatico, ma aveva solo un sistema manuale? Si certo per ogni tipo di attività c’è un obbligo di legge diverso, ma questo tipo di azienda trattava prodotti “particolari “e pure di una certa quantità, perché non dotarsi di impianto antincendio automatico? In considerazione pure del fatto che l’impianto è ubicato tra numerose abitazioni, un ospedale e diverse scuole. Chissà se queste domande troveranno risposta!
Fonte: Fonte: TG24.info 30/09/19