Secondo i giudici di Strasburgo, c’è stata una violazione del diritto al rispetto della vita privata e alla vita familiare (l’articolo 8 della Convenzione europea sui diritti umani) e del diritto a un rimedio efficace (l’articolo 13 della stessa Convenzione).

di GABRIELLA DE MATTEIS

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per non aver protetto i cittadini di Taranto che vivono nelle zone colpite dalle emissioni tossiche dell’impianto dell’ex Ilva. Secondo i giudici, “il persistente inquinamento causato dalle emissioni dell’Ilva ha messo in pericolo la salute dell’intera popolazione, che vive nell’area a rischio”.

La Corte ha così accolto i ricorsi presentati nel 2013 e nel 2015 da 180 cittadini che vivono o sono vissuti vicino allo stabilimento siderurgico. I giudici puntano l’indice contro le autorità italiane che, scrivono, “non hanno preso tutte le misure necessarie per proteggere efficacemente il diritto al rispetto della vita privata dei ricorrenti”.

Quella della Corte europea dei diritti dell’uomo era una decisione molto attesa a Taranto, tra i cittadini e le associazioni ambientaliste che da anni protestano per richiamare l’attenzione sul problema dell’inquinamento causato dall’ex Ilva. La Corte, accogliendo i ricorsi, ha ritenuto che la condanna dell’Italia costituisca in sè una soddisfazione sufficiente per i danni morali, mentre ha ordinato il versamento di 5 mila euro ai ricorrenti per i costi e le spese legali.

“Questa sentenza conferma che le nostre paure erano fondate, che si stava violando un diritto alla salute. Siamo soddisfatti anche perchè questa decisione rappresenta un precedente giudicio a livello internazionale che può diventare utile per altre zone e paesi che vivono il nostro stesso problema” dice Daniela Spera dell’associazione Legamjonici che ha presentato il primo ricorso. “Ora – aggiunge – ci aspettiamo un segnale a livello politico”.

Fonte: Fonte: la Repubblica – 24/01/2019