A Frosinone presentata dalla Maestrale srl la richiesta di autorizzazione per la realizzazione di un biodigestore anaerobico per il trattamento di 50.000 (cinquantamila) tonnellate di rifiuti umidi urbani (FORSU), da impiantare in via Antonello da Messina in zona ASI.

Dopo Patrica con la Recall ed Anagni con la Saxa Gres, anche il capoluogo coinvolto nella decomposizione dei rifiuti organici.

Cos’è un biodigestore anaerobico?
Una struttura dove accedono i rifiuti organici, in pratica l’umido parzialmente differenziato, che dapprima viene separato dalla parte non idonea al trattamento, circa il 20% del totale, quindi ridotto in poltiglia e messo in decomposizione mescolato con batteri anaerobi in ambienti con assenza di ossigeno. Mantenuto poi a temperature variabili tra i 20 ed i 52 gradi, per 20-30 giorni durante i quali si ha produzione di biogas, composto principalmente da CO2 (anidride carbonica) e metano.
A termine del processo resta un residuo semifluido, una poltiglia semiliquida, che va sotto il nome di digestato, RIFIUTO SPECIALE che deve essere ulteriormente trasformato mediante una fase di fissaggio aerobico. La residua frazione liquida del digestato presenta anch’essa criticità notevoli, legate ad una elevata salinità ed ad una elevata domanda chimica di ossigeno. Motivi per i quali deve essere inevitabilmente sottoposta a depurazione per essere resa idonea all’immissione nel sistema di scarico idrico.

Tutte le tecniche di trattamento biologico sono caratterizzate da emissioni di bioaerosol potenzialmente pericoloso per la salute umana a causa della possibile presenza di parassiti e microrganismi patogeni (salmonelle, listerie,escherichia coli, clostridi).

Negli impianti di digestione anaerobica la produzione di bioaereosol e la sua immissione negli ambienti di lavoro e nell’ambiente esterno avviene nella fase di conferimento e pretrattamento della frazione umida e nella fase di compostaggio del digestato. Spore patogene si ritrovano significativamente nel digestato tanto che per l’Istituto Superiore di Sanità : “desta preoccupazione la capacità di alcune specie microbiche – in particolare il Clostridium botulinum – di sopravvivere in condizioni di anaerobiosi e alle temperature utilizzate nel processo di digestione” e la Regione Emilia Romagna dal 2011, ha vietato lo spandimento di digestati provenienti da impianti a biogas nelle terre destinate al foraggio per la produzione del parmigiano.

Le emissioni gassose tipiche degli impianti di trattamento della frazione umida sono costituite da composti solforati (H2S), composti azotati (ammoniaca, NOx) e un ampio gruppo di composti volatili organici (COV). L’H2S (idrogeno solforato), prodotto nel processo di fermentazione, si accumula nell’ambiente e nei tessuti animali, creando, anche a basse concentrazioni, danni a lungo termine all’apparato cardio-respiratorio, al sistema nervoso, alla vista ed al feto in gravidanza, con la potenzialità a basse dosi di stimolare il cancro del colon. L’H2S (“uova marcia”) insieme ai Composti Organici Volatili (COV) responsabili di odori molesti, determinano le decine e decine di segnalazioni delle genti che vivono a qualche chilometro di distanza dai biodigestori, esasperate dalla “PUZZA”, che assume importanza di emergenza sociale.

L’ammoniaca incide nella formazione di particolato secondario, modificando la composizione chimica delle polveri sottili, rendendole ancora più dannose. Il biossido di azoto (NO2) risulta uno dei principali determinanti di asma e disturbi respiratori, sopratutto nei bambini. Rispetto il tanto propagandato bilancio positivo per la l’anidride carbonica(CO2), tale non appare.

Se è vero che la combustione del metano produce poca CO2, è altrettanto vero che la trasformazione del biogas in biometano necessita di un passaggio attraverso le membrane per la rimozione della CO2 con la successiva immissione in atmosfera della stessa. In conclusione, la CO2 emessa nel processo di trasformazione del biogas in biometano annulla il vantaggio delle ridotte emissioni della combustione del metano.

Ma quale è l’apporto per la città da un siffatto opificio? Arrivano rifiuti normali, vengono resi speciali, quindi di nuovo rimossi e portati altrove per essere smaltiti. Il digestato da FORSU, seppur compostato non è riciclabile come da sentenza del Consiglio di Stato del 4/9/2019. A fronte di 8-10 posti di lavoro, cosa resta? Camion che movimentano rifiuti continuativamente. Rischio di emissioni dannose, 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno. Rischio da bioareosol. Digestato ad alto rischio di contaminazione da clostridi. Rischio di emissioni odorigine moleste: “PUZZA”. Produzione di compost con biodigestato non utilizzabile secondo le recenti sentenze. Produzione di digestato liquido altamente critico. Aumento di particolato atmosferico secondario modificato. Rischio di malattie sopratutto per i soggetti fragili, le donne in gravidanza, i feti ed i bambini.

La Valle del Sacco in generale e Frosinone in particolare, non può sopportare per le già esistenti e riconosciute criticità ambientali e sanitarie, un ulteriore peso.

Dott. Marzia Armida – Presdente
Dott.Giovambattista Martino – Coordinatore
Associazione Medici di Famiglia per l’Ambiente

Autore: Giovambattista Martino

Fonte: Fonte: Associazione Medici per l’Ambiente 18/10/2020