Era il 13 marzo 2020, erano gli inizi della pandemia, ancora si conosceva molto poco del Sars Cov2, in una nota stampa l’Associazione Medici di Famiglia per l’Ambiente formulava l’ipotesi di una diretta correlazione tra polveri sottili e Covid-19.

E’ stato il primo articolo in sequenza temporale ad essere pubblicato sull’argomento. Da quel 13 marzo si sono susseguiti innumerevoli studi e pubblicazioni nazionali e internazionali sul rapporto PM e Covid-19.

Qualche giorno dopo l’EPHA (European Public Health Alliance) dichiarava che quelli che vivono in città inquinate sono maggiormente a rischio a causa COVID-19.

Di seguito uno studio di ricercatori dell’Università di Bari e di Bologna concludeva: “si evidenzia una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di Pm20 e Pm2,5 e il numero di casi infetti da Covid-19”.

Il 20 marzo la stampa riporta: “La scoperta. Uno studio di esperti a livello nazionale conferma le conclusioni dei medici di Famiglia per l’Ambiente”.

Ad aprile negli USA viene pubblicato uno studio nazionale condotto dalla Harvard Chan School, i ricercatori hanno scoperto che un piccolo aumento dell’esposizione a lungo termine al PM2,5 porta ad un aumento del tasso di mortalità da Covid-19.

Il 23 maggio ricercatori delle Università di Tor Vergata ed Oxford pubblicano uno studio dove analizzano diffusione del Covid-19 ed inquinamento atmosferico e rilevano che: “dove le polveri sottili sono maggiori i polmoni reagiscono al virus in maniera più grave”.

A giugno 2020 ad Anagni l’associazione medici di famiglia per l’ambiente, BancAnagni, e l’amministrazione comunale danno inizio ad un progetto pilota, tra i primi e tra i pochi in Italia, studiato nei tempi previsti secondo i dettami più aggiornati della Società Britannica di Malattie Respiratorie per individuare i danni lasciati da Covid-19 a carico del sistema respiratorio. Ad Anagni, l’Amministrazione comunale, da due anni, ha adottato un sistema di rilevazione delle polveri sottili, PM10; PM2,5 e PM1, di recente concezione, distribuito in maniera capillare sul territorio.

Il 13 agosto il The Guardian riporta un importante studio dell’Ufficio Britannico per le Statistiche nazionali (ONS), secondo cui l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico può aumentare il rischio di morte per Covid-19.

Il 27 ottobre la prestigiosa rivista Cardiovascular Research pubblica uno studio di ricercatori tedeschi che stima che circa il 15% dei decessi in tutto il modno dovuti a Covid-19 potrebbe essere attribuito all’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico.

Nel gennaio 2021 nello studio pubblicato da International Journal of Enviromental Research and Public Health, i ricercatori dell’Università degli studi Europei “J.Monnet” e dell’Università degli studi dell’Aquila, hanno spiegato che “l’esposizione al PM2.5 (comunemente definite polveri sottili) fa sviluppare al corpo umano la proteina ACE2 che diventa una sorta di serratura per il virus e soprattutto per la sua azione nociva sull’organismo”.

La condizione di monitoraggio ed i valori delle concentrazioni delle PM raccolti nel Comune di Anagni, rappresenta una condizione unica, particolare, che per tutte le evidenze scientifiche sopra descritte, rappresenta un patrimonio scientifico di estrema importanza.

Associazione Medici di Famiglia per l’Ambiente

Autore: Giovambattista Martino

Fonte: Associazione Medici per l’Ambiente 10/02/2021